Padre di pietraQuesta è una storia fatta per essere letta ad alta voce. Al buio, con una luce sola ad illuminare un palcoscenico.
Ed una voce potente, calda e vibrante, da vegliardo che ha in sé infinita saggezza, a recitare ogni parola, ogni pausa, ogni ricordo narrato in queste splendide righe.
Non è difficile intuire immediatamente il punto di vista con cui si presenta la storia: il titolo non lascia adito a dubbi. Ma il bello non sta tanto nell’effetto sorpresa, quanto piuttosto nell’immaginare quel che questo vecchio avrà da dire a Severus.
Già l’inizio riempie di tenerezza, con quella semplice frase che sembra proprio quella di un genitore che sta contemplando un figlio con gli occhi colmi di commozione:
“Ti ho visto crescere, sai?”
Ogni frase è un abbraccio, è una dichiarazione d’affetto per Severus. Un ragazzo come tanti, un ragazzo tra tanti, così uguale agli altri eppure al tempo stesso così speciale.
In questa storia ogni frase è soppesata, ogni parola è perfettamente bilanciata a creare un vero gioiello di scrittura.
“Le vostre storie sono perle di un’infinita collana... pagine infinite d’un libro di pietra ed io quel libro, con solerte e discreto amore, compilo.”
Ma quanta poesia c’è in questa splendida frase? Tanta, tantissima.
Ma c’è anche un’ottima vena “registica”, se posso usare questo termine: prima lo sguardo d’insieme sui ragazzi e sulle loro storie, come qualcuno che prima contempla un orizzonte sconfinato e poi, infine, posa i propri occhi su un punto ben preciso.
Dopo le tante storie, i tanti ragazzi, arriva lui, Severus. E subito attira lo sguardo del Padre di Pietra. Lui, con la sua solitudine, con la sua sofferenza indicibile e non udibile ad orecchio umano.
Ma il Padre umano non è, per questo può vedere ciò gli uomini non hanno potuto, può capire. E, a modo suo, ama, perché questo è il compito per il quale è stato innalzato.
“Non c’è preconcetto nelle mie mura, né le mie corti fanno differenze. Io sono la casa. E la casa è di tutti e di ognuno di voi, soprattutto ed in particolar modo per coloro che non ne hanno una.”
Quanta benignità traspare da queste parole! Quanto affetto!
E quanta tristezza, perché tutto è al passato, tutto è già successo. Severus è già caduto, ha già avuto la grandissima forza di rialzarsi, ma ha anche avuto l’arduo compito di combattere come ha sempre vissuto: da solo.
Ma il nastro si riavvolge di nuovo ed ecco che questo Padre ci presenta ancora una volta un Severus bambino, un piccolo ragazzo in cerca di qualcuno che lo ami, in cerca di un sorriso da ricevere e da poter donare a sua volta.
Ma un castello di pietra non può, ha i propri limiti, seppur racchiusi in un’aura di millenaria saggezza: il calore che può donare è altro e non basta a Severus, non basta…
“Severus, non avevi trovato la tua casa e te l’eri costruita attorno a te, richiudendoti tra mura invalicabili al mio stesso sguardo. Uno spirito chiuso in un corpo di roccia, più dura e più vera di quella di queste mie torri.”
Splendide parole, splendide. Perché a questo punto i ruoli si ribaltano ed un Padre di Pietra sembrerebbe avere un cuore di carne che soffre per questo figlio così straziato che non ha saputo trovare un suo posto nel mondo; invece Severus si ritrova racchiuso tra la pietra del dolore, senza crepe, senza alcuna luce che possa arrivare dal di fuori.
Sembra che tutto sia perduto. Sembra che nulla possa accadere per aiutare questo povero figlio. La magia di questo Padre che ama non è stata sufficiente a rievocare il ricordo di quest’uomo così coraggioso e solo.
E poi arriva il perché.
Per Severus non è arrivato un Padre a dargli un sorriso, è arrivato un figlio: un ragazzo. Non uno qualunque. Ma colui sul quale Severus ha sempre vegliato. È come se il cerchio venisse finalmente chiuso, come se tutto tornasse al proprio posto.
Il ragazzo è diventato colui grazie al quale a Severus sono stati resi giustizia e sorriso.
Una storia che lascia con le lacrime agli occhi dalla commozione.