| “Mamma, che cos’è la morte?”
Questa è la domanda con cui si apre questa storia di Severia, una storia intensa, seppur piuttosto breve, dove l’agghiacciante quesito che ricomprende ogni singolo lettore, viene ammorbidito dal fatto che è un bambino a porlo a sua madre: il giovane Severus. Se vogliamo la storia si suddivide in due parti. Un piccolo flash back d’infanzia, con un dialogo iniziale semplice, immediato, ma ben scritto e di impatto realistico, tra Severus e sua madre; qualcosa che inizia a rendere conscio il lettore del tema di stampo tragico di cui si parlerà successivamente, nella seconda parte, quando Severus è cresciuto, ha perso sua madre e, solo, all’ombra dei suoi pensieri, torna su quel quesito e si rende conto che la sua realtà si è presentata molto diversamente da come gliel’ha raccontata sua madre. Quella speranza di una vita lunga e felice è andata a infrangersi e il fuggevole attimo in cui, da piccolo, si era interrogato sul significato della morte, ha finito per perseguitarlo ogni giorno della sua vita, da quando è sceso a patti col Male. Così la sua compagna di viaggio è divenuta la morte e l’autrice ci parla di questo scandendo molto bene i pensieri di questo Severus adulto, con un’introspezione ben resa, che non delude mai, e che porta il lettore a riflettere con Severus e a provare le sue emozioni. Alcuni passaggi, per come sono scritti, fanno emergere immagini dai significati subitanei nella mente del lettore. Come per esempio:
La tua morte ha cambiato le cose e mi si è rovesciato addosso il peso di tutto ciò che avevo fatto.
Rende perfettamente l’idea di una scelta definitiva, di conseguenze inevitabili che opprimono Severus e lo portano a condurre una vita in perenne agonia, dove la morte si trasforma da quesito angosciante a una speranza liberatoria. Ma non c’è molto tempo per pensare, perché l’autrice ci proietta immediatamente a quel traguardo ambito: il momento della morte di Severus, vissuto in pochi attimi attraverso i suoi ultimi pensieri. E qui l’atmosfera della storia cambia ancora, ammorbidendosi. L’autrice riporta continuamente quel flash back iniziale, dando un senso di continuità alla storia e, allo stesso tempo, giocando continuamente con passato, presente e futuro. E questo futuro è amaro per Severus, è una morte in cui rivede ciò che avrebbe realmente desiderato in vita al posto della morte, ovvero la donna che non ha mai smesso di amare. Il finale è un cocktail dolce/amaro. Severus muore, lo sappiamo tutti, ma il discorso va ai pensieri con cui l’autrice sceglie di farlo morire. Raggiunge il suo traguardo, rivede quegli occhi verdi, torna a sperare di poter cancellare il presente e tornare indietro nel tempo, all’unica parte della sua vita in cui è stato felice. Ma non è possibile, e il sipario cala con quest’ultima frase, la risposta a quell’interrogativo iniziale:
Rivedo i tuoi occhi, amore mio e non potevo sperare nulla di più.
Che cos’è stata la morte di Severus? Un sogno tragicamente umano che alla fine si avvera.
In definitiva, una bella storia, rapida, scorrevole, ma densa di significati dai quali è facile soffermarsi a riflettere sul personaggio di Severus, ma anche su se stessi.
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