Inizio a pubblicare la mia storia, finita e riletta.
Farfalla notturna
L’incantesimo del Mangiamorte echeggiò con un tipica nota secca, acuta e maligna, squarciando il silenzio delle tenebre.
Severus aveva udito quel suono agghiacciante così spesso da essere in grado di valutare con precisione la distanza e la traiettoria del colpo.
Un unico incantesimo non verbale, partito da circa 500 metri, esattamente di fronte a quello studente di Grifondoro, braccato con fin troppa facilità dagli emissari di morte di Voldemort.
Severus arrivò in tempo per vederne gli effetti devastanti.
La testa del ragazzo scattò all’indietro, come se fosse stata colpita da un pugno. Le mani rimasero ancora un attimo aggrappate a quella vita che stava svanendo. Poi le dita inerti si dischiusero ed egli cadde: il corpo si abbatté sul terreno, ma negli occhi di Severus, l’anima continuò a precipitare nell’abisso.
Il mago rimase immobile, incredulo. La sua mente rifiutava il fatto che un altro innocente fosse morto per il desiderio di sangue del suo padrone.
Tutto si era compiuto nel giro di pochi istanti, così come in pochi secondi Severus si era già ricomposto, sollevando il mento e serrando i pugni, attendendo che i Mangiamorte se ne andassero.
Di lì a breve, una risata sguaiata segnò la ritirata degli assassini.
Dopo alcuni istanti, mentre nel cielo notturno saettavano i primi lampi, come fossero echi di quell’incantesimo di morte, cauto e silenzioso, Severus si avvicinò al ragazzo.
Ancora una volta si ritrovò solo con una morte che lui stesso, arrivando troppo tardi, aveva causato e reso inarrestabile. Così la sua anima era caduta una volta di più nel fango di un’estrema degenerazione, macchiandosi di nuovo sangue innocente.
Si inginocchiò al suo fianco e lo voltò, appoggiandogli una mano sulla spalla.
Avvertì subito un senso di vuoto, una morsa gelida gli attanagliò il torace e afferrò la gola, infliggendogli un dolore bruciante.
La vicinanza di chi stava morendo lo turbava sempre: quando era costretto a farlo, preferiva uccidere rapidamente, in modo pulito, rimanendo sull’orlo di sensazioni, di intimo dolore personale.
1Le sue vittime, umanamente stordite, morivano tranquille e compiacenti: chiudevano gli occhi e sprofondavano in magnifici sogni eterni.
Cadendo a terra, la testa del ragazzo aveva battuto con violenza contro una pietra, tanto da fracassarsi.
Il sangue si stava raccogliendo in una pozza scarlatta nella quale Severus vide il riflesso argentato dell’emblema della sua scelta dannata.
Ma sotto quella maschera d’argento che gli nascondeva il volto, c’era una corrente sotterranea di ricordi ed emozioni: l’impressione sbiadita di una ragazza dal semplice e dolce viso, con gli occhi di puro smeraldo.
Persino la morte non era riuscita a placare il suo desiderio per lei…
Avrebbe potuto indugiare su quei pensieri rimanendo nell’ombra malvagia di quella maschera, ma Severus voleva respirare la morte, l’ennesimo senso di colpa: così le dita pallide risalirono al freddo metallo e lo rimossero, portando alla luce il volto sofferente di un uomo.
Solo spogliandosi delle crudeli menzogne di cui era vestito poteva permettere al suo vero io di respirare sprazzi di quella vita rubata ad altri, nella quale, nonostante tutto, vivevano ancora i riflessi di una speranza amata. Un giorno Severus avrebbe rimosso per sempre l’argentea, dannata maschera di una vita passata, lasciando che cadesse ai suoi piedi e si frantumasse, per dissiparsi in polvere di argento scintillante: quel giorno non sarebbe più stato un miserabile assassino, intrappolato in un’eterna notte di colpa, ma un uomo rinato nell’alba della propria libertà.
Ma non era quello il giorno.
Posandola a terra, sapeva che l’avrebbe dovuta indossare nuovamente, per quanto pesante potesse essere.
Prese in grembo la testa squarciata della giovane vittima: era pesante e umida di sangue, ma mai quanto l’oggetto di cui si era appena liberato, perché nei riflessi di quell’argento corrotto erano imprigionate le anime di troppi morti...
Si portò due dita sottili alla gola, cominciando ad allentare il foulard di seta che gli avvolgeva il collo.
Lentamente si mise a tamponare la ferita e il tessuto sottile si impregnò subito di sangue. Era un gesto inutile, ma gli servì ad alleviare la sensazione di impotenza che lo stava divorando mentre era inginocchiato, le spalle ricurve, lo sguardo grave, tenendo tra le braccia il corpo esanime del giovane.
Si trovò congelato a contemplare la morte, intrappolato in un Inferno di perpetuo tormento.
I capelli, neri come ali di corvo, ondeggiando lievi al vento umido che precede la tempesta, mandando bagliori indaco alla luce dei primi lampi. Gli occhi, neri, dallo sguardo fermo e penetrante, sembravano affacciati su un’altra tempesta, molto più cupa di quella che il sibilo del vento stava annunciando.
Stava vivendo quella morte assaporando il respiro freddo della notte, le gelide lame sulla pelle, la sensazione di libertà e di prigionia, il cuore che batteva mentre un altro si era fermato per sempre, correndo veloce al ritmo del desiderio di ribellarsi, del male invadente che lo circondava e di trascorrere quell’attimo a contare le ultime lacrime di quel ragazzo, mentre scivolavano piano dal viso esanime, tinto del colore caldo della morte, prima di cadere a terra, macchiare l’erba verde e inaridire la speranza.
Lacrime e sangue stavano nutrendo quel terreno arido di vita, come se n’era nutrito il suo animo, bruciando e ardendo di una fiamma sempre più forte che voleva solo esplodere e liberarsi per sempre dalla schiavitù della catena che la imprigionava: una stretta maglia di ferro, nelle sembianze di un teschio e di un serpente.
L’esito della sua scelta era stato terribile e senza speranze, ma cercando una vita migliore, di affascinante magia oscura e conoscenze che bramava dal profondo, aveva finito per sacrificare la parte migliore di sé, gettandola nell’ombra del senso di colpa perenne.
Severus rimase inginocchiato a lungo, tenendo il ragazzo stretto a sé. Lo guardava come se l’ultima speranza di vita fosse morta, come se lo spettro del passato fosse riemerso in quegli occhi spalancati e vitrei.
Con orrore si rese conto che quello poteva essere il futuro del suo giuramento di amore eterno, perché quel ragazzo sarebbe potuto essere Harry Potter, ciò che restava in vita della sua Lily. Per un momento quella visione lo sopraffece e chiuse gli occhi, mentre la capacità di ragionare andava in frantumi, schiacciata da un dolore così grande.
Emise un unico sospiro, come se avesse abbandonato ogni speranza, ogni paura, ogni desiderio, persino il ricordo tormentoso delle persone a cui aveva voluto bene.
“Lily…”
Mentre stava per arrendersi agli elementi e alla disperazione, fu proprio l’immagine di Lily a chiedergli di agire: in un attimo un ricordo amaro lo proiettò in quella stanza, quando l’aveva tenuta stretta dopo che Voldemort se l’era portata via per sempre.
Lacrime non versate gli bruciavano dietro le palpebre, evocando una disperazione superiore a quella che avesse mai provato prima, un sentimento che trascendeva il tempo, lo spazio e la fragilità fisica, lacerando il velo che separava la terra dal cielo, la logica dalla follia.
Mai nella sua vita era stato così sconfitto, mai si era sentito così desideroso di abbracciare la morte.
Ma in quel momento, mentre al posto di Lily le sue mani stringevano il corpo di quel ragazzo innocente, si rese conto che soltanto se desiderava ancora redimere se stesso e salvare dalla maledizione del serpente le generazioni presenti e future, poteva ancora compiere il sacrificio di continuare a lottare.
Solo col sacrificio della sua anima avrebbe potuto continuare ad amare.
Trasse un profondo respiro e, delicatamente, appoggiò a terra il corpo del ragazzo.
All’irrompere dell’alba, raccolse la maschera, ciò che doveva combattere, e si alzò.
Ogni traccia di compassionevole tristezza era sparita dal suo volto che, al contrario, riluceva della stessa decisa gloria del giorno che avanzava, della stessa magnifica autorità con cui i raggi del sole si stavano facendo strada tra le nubi, annientando la tempesta. La sua aura di forza fisica crebbe, e i bagliori incandescenti dell’aurora si rifletterono negli scuri occhi imperiosi, incastonati nella pallida bellezza puramente umana del volto.
Sapeva che altri eroi e altri vinti sarebbero caduti, ma la sua fede avrebbe retto. Avrebbe respinto la paura di fallire, l’avrebbe sostenuto e, alla fine di tutto, Lily avrebbe spezzato le sue catene per liberarlo per sempre.
Alzò la mano pallida e lasciò andare il foulard di seta macchiato di sangue. Mentre fluttuava verso le tenebre come una farfalla notturna, si spalancò, mettendo in mostra il verde brillante dello sguardo della sua vittima.
Così la vita era di nuovo volata verso l’oscurità, la stessa tenebra, spezzata dal fuoco del giorno, in cui Severus Piton avanzava, incorrotto dalle forze malvagie alle quali si stava volontariamente sacrificando.
__________________________________________________________
1Un omaggio al Severus di Ida.Edited by Ale85LeoSign - 23/10/2011, 14:30