Buongiorno folla!
Oggi prendo il coraggio a 18 mani (ormai sono un polipo) e provo a mandare la storia che avevo annunciato mesi fa.
Il tempo è stato galantuomo e mi ha permesso di trovare un'oretta per buttare giù la mia idea. Poi ha dovuto passare il vaglia della persona interessata - sì, perchè questa è una storia personalizzata, e l'interessata avrebbe potuto non gradire - e alla fine, stamattina sto rubando qualche minuto ai miei impegni per farvi partecipi.
Scommetto che state già pensando che era meglio se restavo nel mio limbo, ma pazienza. Lo faccio per Elly.
Ecco la mia storia, che riguarda un bosco e si chiama "Il bosco", così si capisce subito di cosa parla.
Scherzi a parte, spero di aver rispettato in qualche modo le regole e soprattutto, spero che vi piaccia. Altrimenti, come avevo scritto, la cancello. Grazie!
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Titolo: Il bosco
Autore: Lady Memory
Data: Aprile 2021
Previewer: Gabrix (se non gliela facevo leggere prima, non avrei mai potuto arrischiarmi a pubblicare…)
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: Umoristico
Avvertimenti: Chi mi conosce mi evita… ehm, sa cosa aspettarsi.
Riassunto: Una giornata molto particolare nella vita di un bosco… e di un avvocato.
Nota: racconto scritto per la sfida Originali n. 3 “I sussurri del bosco” del forum "Il Calderone di Severus".
Disclaimer: Questa storia è di mia proprietà e occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
E poi, come ho scritto sopra, è coinvolto un avvocato, quindi meglio stare attenti.
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Il bosco“Non è la mattina giusta,” pensò Gabri mentre apriva e chiudeva per la centesima volta i molteplici faldoni che adornavano la sua scrivania. Essere un avvocato ha i suoi lati negativi, e quel giorno sfavillavano in tutta la loro bellezza.
Gabri alzò le spalle. In fondo, era abituata alle rogne che le dava giornalmente il suo lavoro. Con sguardo perso nel nulla, accarezzò la capoccetta del pupazzo di Severus Snape (una delle tante vittime sacrificali a forma di Severus che teneva sulla scrivania e a cui era affezionatissima) mentre si perdeva nei dettagli del capitolo che stava scrivendo.
Era riuscita a riagganciare Mep, e non vedeva l’ora di discutere con lei delle modifiche che certamente quell’incommensurabile rompi…. Ehm, quella criticona avrebbe sicuramente scoperto. Era un asso a trovare minuzie da sistemare e a crearle problemi di ogni sorta nella scrittura, chiedendole con aria innocente se ci avesse mai pensato. Però, però, però… in fin dei conti, tanta ossessione poteva risultare vantaggiosa. Ogni tanto, quella scocciatrice qualcosa di utile lo diceva. Questa volta, per esempio, le aveva detto che doveva trovare qualcosa di speciale per rendere più interessante la sua storia, e rendere interessante la sua storia era senza dubbio un compito molto più appassionante che le varie questioni legali di cui doveva occuparsi…
Così Gabri si perse nuovamente nei suoi sogni ad occhi aperti, sempre accarezzando nevroticamente i capelli finti del finto Severus che non poteva sfuggire a quello smanazzamento compulsivo. Cosa, cosa, cosa poteva inserire di particolare in quel capitolo?
Ed ecco – risposta immediata ad una preghiera così particolare - qualcosa di particolare incredibilmente accadde.
Un picchiare rimbombante alla porta dello studio fece risvegliare Gabri con un sussulto. Chi diavolo aveva quella cattiva grazia? I vicini avrebbero certamente protestato. E poi chi poteva bussare con tanta determinazione? Probabilmente un cliente molto risoluto. Forse anche molto arrabbiato. Vabbè, comunque un cliente.
Stancamente Gabri si alzò e si trascinò di malavoglia alla porta. Compose il viso ad assumere un’espressione freddamente professionale, poi, con la stessa decisione dello sconosciuto cliente che aveva bussato, aprì.
Una massa fogliosa e verdeggiante fatta da rami, fronde, alberi, pianticelle, cespugli, erba e chi più ne ha più ne metta, si introdusse proditoriamente nel varco così spalancato e lottò ferocemente per introdursi all’interno, respingendo i tentativi sempre più frenetici di Gabri di ostacolare il suo avanzamento.
Ricacciata a scudisciate di verzura, la povera donna indietreggiò fino a raggiungere la sua scrivania e a rifugiarcisi dietro. Da quel riparo – ahimè, molto fragile – si sporse a guardare ciò che le aveva invaso lo studio. Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra.
Un intero bosco aveva occupato tutta la stanza: querce torreggianti, salici ricurvi, olmi robusti, aceri vigorosi ed una moltitudine di altre piccole piante che vivono all’ombra delle loro sorelle maggiori, come biancospini, ginepri, agrifogli, corbezzoli e pungitopo. Si intravvedevano le forme agili di alcuni cervi farsi largo tra i rami, mentre leprotti, fagiani e un tasso si accomodavano in prima fila, scrutandola con occhi curiosi.
Gabri si sentì svenire: cosa era successo? E perché proprio a lei?
Come a risponderle, una quercia maestosa si chinò verso la sua scrivania. Con atteggiamento confidenziale appoggiò un ramo sulle sue cartelle, poi si schiarì la gola. Un rombo cavernoso attraversò la stanza, scuotendo i muri. Sorpresa, la quercia si rialzò e sembrò guardarsi intorno.
“Mi scuso,” disse poi con voce profonda. “Non volevamo disturbare, ma vede, questo era l’unico modo di farle capire.”
“Farmi capire… cosa?” balbettò Gabri, che stringeva un faldone con mani sudate, ergendolo davanti a sé come uno schermo protettivo.
“Il nostro problema!” tuonò la quercia. “Il motivo per cui siamo venuti tutti compatti da lei.”
L’enorme albero si appoggiò nuovamente alla scrivania, facendola scricchiolare in modo allarmante.
“Ci ha indirizzato da lei una sua cara amica, una simpatica signora bassotta e grassotta di nome Mep.”
“Ma tu guarda quella…str#%za!” pensò Gabri, rialzando immediatamente lo scudo di carte come se la pianta potesse sentire i suoi pensieri. Ma la quercia proseguì imperturbabile. “Ci ha detto che lei è un ottimo avvocato e che ci garantiva la sua professionalità. E allora siamo venuti. Vede, noi abbiamo messo in piedi una causa, ma abbiamo bisogno di qualcuno che la presenti in tribunale per noi!”
“P…per voi?” chiese sbigottita Gabri.
“Sicuro, sicuro!” rispose gaiamente la quercia. “Non penserà che possiamo presentarci direttamente in tribunale senza un’adeguata assistenza professionale!”
“Eh già!” non potè impedirsi di commentare acidamente Gabri. “Questo è il vero problema!”
“Sono contento che sia d’accordo con noi,” continuò amabilmente la quercia. “Vede, abbiamo un’istanza che perseguiamo da molto tempo, ma non sapevamo come risolvere. Poi, grazie all’illuminato parere della sua amica, abbiamo visto la soluzione.”
“Che str#%za!” ripensò ancora Gabri, poi, non del tutto rassicurata sulla sua sanità mentale ma comunque desiderosa di liberarsi al più presto da quegli scomodi clienti, chiese in tono professionale. “Quindi, di cosa stiamo parlando?”
“Diritti d’autore!” esclamò la quercia, dando un pugno sul tavolo che si piegò con un rantolo. “Diritti per lo sfruttamento della nostra immagine! Si rende conto della montagna di opere che racchiudono un bosco al loro interno? Quadri, romanzi, film, drammi, commedie, poesie, e persino sculture?”
Gabri spalancò gli occhi. Entusiasta, la quercia lo prese per un segno di interesse e proruppe, “Ma nessuno ci paga i diritti! Tutti ci sfruttano, tutti vengono da noi, ci usano, ci calpestano, ci tagliano, ci bruciano, ci espiantano, e nessuno, dico nessuno, si preoccupa di ripagare le nostre fatiche! Essere alberi ha le sue responsabilità, cara signora! Abbiamo un ecosistema da difendere! Ma nessuno se ne accorge! Danno tutto per scontato!”
Con tono basso e cupo, l’enorme pianta concluse, “E noi a questo punto ci siamo stancati…”
La chiusa in tono minore, dopo l’esplosione di punti esclamativi che aveva costellato l’eloquio della quercia, diede un brivido alla povera Gabri. Sentiva che il peggio doveva ancora arrivare.
“Quindi, che cosa volete da me?” ansimò, abbrancando il pupazzetto di Severus e stringendolo al cuore.
“Vogliamo che lei porti in tribunale i nostri diritti di lavoratori sfruttati,” rispose cortesemente la quercia. “Sa farlo, non è vero?”
“Sì, ma io…” sentendo le parole morirle sulle labbra sotto lo sguardo privo d’occhi ma mirabilmente espressivo della quercia, Gabri cercò affannosamente una scusa.
“In verità io mi occupo solo di clienti… umani…” mormorò, poi prese coraggio e allargò le braccia, includendo in quell’ampio gesto tutte le cartelle e i documenti e i pezzi di carta vari che le ingombravano la scrivania. La quercia sembrò impressionata, e gli alberi dietro di lei emisero un sospiro triste all’unisono. I leprotti abbassarono il muso, e un cerbiatto che era arrivato a lambire la scrivania col muso schizzò indietro e corse a rifugiarsi dalla mamma cerva.
Gabri sentì un fiotto di gioiosa speranza invaderle il cuore. Ma neanche a farlo apposta, un attimo dopo si aprì la porta dello studio ed entrò suo marito Fabrizio, reggendo una pila di cartelle.
“Salve,” salutò imperturbabile gli alberi, i cespugli e gli animali che lo guardavano attenti. “Allora, Gabri, qui ci sono le pratiche per la visita al patronato di domani. Ho controllato tutto.”
Con estrema tranquillità, Fabrizio appoggiò le cartelle sulla scrivania. Poi si girò a osservare “i clienti.”
“Per favore, cerchiamo di contenere i toni,” disse severamente. “Questo studio ha una sua reputazione. Non vogliamo perderla a causa di discussioni troppo rumorose. Mi sono spiegato?”
Le piante annuirono obbedientemente. Un leccio si strofinò nervosamente i rami mentre un acero si guardava intorno smarrito. Alcuni cespugli si ritirarono prudentemente nell’ombra.
Gabri considerò la scena con due occhi tanti. Non riusciva a crederci. Era davvero riuscito ad imporsi con quelle poche parole?
“Fabrizio!” pigolò allora, tendendo una mano verso il marito in una richiesta d’aiuto.
“Sì, cara?” disse lui, avviandosi verso la porta.
“Ma… ma non noti niente?”
“C’è parecchia terra in giro, e quel tasso dovrebbe essere ancora in letargo,” rispose lui.
“Ma… ascolta! Non ti sembra tutto un po’… strano?” Gabri, deglutì, temendo di aver risvegliato la collera degli alberi.
Fabrizio si girò verso di lei, e per un attimo, una luce diabolica brillò nei suoi occhi mentre rispondeva con un sorriso da lupo, “Direi che per una persona abituata a viaggiare nel mondo magico con una Passaporta, tutto questo dovrebbe essere abituale amministrazione.”
Poi, con un gesto della mano, salutò le piante. “Spero mi scuserete. Mi raccomando, cercate di uscire in silenzio. Grazie.”
E richiuse la porta.
“Dunque!” barrì la quercia. “Siamo d’accordo sul suo impegno? Oppure dobbiamo passare a modi più… convincenti?”
La scrivania scricchiolò di nuovo mentre la quercia appoggiava il suo peso e stendeva un ramo nodoso in direzione della donna asserragliata dietro il mucchio di carte. Con un buffetto, gliele fece volar via e Gabri sbiancò. Non c’era scampo. Doveva accettare quell’incarico pazzesco. La paura si trasformò in irritazione.
“D’accordo,” esclamò sgarbatamente. “Non c’è bisogno di sfasciarmi lo studio. Datemi il tempo di raccogliere le informazioni necessarie e vedrò di studiare una linea di attacco per la vostra causa.”
“Perfetto!” intonò la quercia, e tutti, alberi e animali, presero ad agitarsi felicemente.
“Va bene, va bene,” proseguì Gabri con espressione seccata. “Adesso però andatevene o non riuscirò a fare niente.”
Subito le piante e gli animali si calmarono. Poi, sotto la guida degli alberi più grandi, i vari cespugli, arbusti e bestiole si riunirono e si strinsero, schiacciandosi gli uni contro gli altri per passare dalla porta. Un leprotto si girò all’ultimo minuto per farle ciao con la zampina. Alla fine, rimase solo la quercia, che sembrò fissarla molto attentamente mentre intrecciava lentamente i rami.
“Siamo d’accordo, non è vero, avvocato?” chiese poi con voce bassa.
Facendo finta di essere occupatissima a riordinare il suo tavolo, Gabri fece un cenno seccato con la testa.
“Non penserà di giocarci qualche brutto scherzo, vero?” disse allora la quercia, in tono velatamente minaccioso.
Gabri si interruppe e alzò gli occhi, guardandola con aria sgomenta.
“No, perché in caso ci stesse pensando, sappia che ci sono alberi, arbusti, cespugli e fronde in ogni parte del mondo…” proseguì la quercia con voce piena di sottintesi. Poi agitò i rami in un saluto ironico. “Vedo che ci siamo capiti. Buona giornata a lei.”
E uscì pesantemente dalla stanza.
Appena fu sola, Gabri crollò sulla sua scrivania. Intrecciò le braccia e ci posò sopra la testa, chiudendo gli occhi.
“Sono finita,” pensò, mentre la mente correva veloce per il mondo. Deserto del Sahara? Deserto del Gobi? Deserto di Atacama? Forse meglio l’Antartide… Posti senza verde sicuramente ce n’erano da qualche parte… Ma dopo quanto tempo avrebbe potuto fare ritorno a casa? Cosa avrebbe raccontato alla sua famiglia?
Mentre si arrovellava sulle possibili vie d’uscita da quella situazione e pensava a come poter arruolare un sicario da mandare alla sua cara amica Mep, sentì un bizzarro rumore in lontananza. Sembrava avvicinarsi sempre più ed aveva una strana, familiare cadenza musicale, un suono gorgogliante, quasi… liquido.
Di scatto, Gabri si alzò in piedi ma prima che potesse raggiungere la porta, un flusso d’acqua si allargò sul pavimento dello studio, seguito da molteplici piccole onde orlate di spuma e da un festoso corteo di pesciolini e gamberetti.
“Buongiorno a lei!” disse una voce allegra e sonora. “Sono qui per consultarla per una causa di lavoro. Diritti d’autore, sa? Mi presento. Sono il mare…”